Fontolan, l’uomo vero dello scudetto di Verona: “Quel tricolore? Una cavalcata indimenticabile”

Tra ricordi, bricolage e tanto cuore: Silvano Fontolan racconta la sua vita tra Como e Verona, due maglie che non ha mai smesso di amare

Silvano Fontolan è una delle anime più autentiche del leggendario Verona campione d’Italia. Classe 1954, originario di Garbagnate Milanese, ma residente a Lora, quartiere di Como, ha vissuto da protagonista due promozioni in Serie A con i lariani e ha inciso il suo nome nella storia del calcio italiano con lo scudetto conquistato nel 1985 con l’Hellas. Oggi, a 70 anni, continua a sorprendere per semplicità, umiltà e passione genuina, come emerge da una recente intervista rilasciata a La Provincia.

La festa mancata e la chat con Tricella

Fontolan è stato recentemente costretto a saltare il 40° anniversario dello scudetto del Verona a causa di un improvviso problema di salute, fortunatamente superato. Ma il suo cuore era lì, insieme ai compagni: «Mi ha scritto Tricella: “Fonto, tranquillo, ti hanno osannato come se fossi stato qui“. Ma non è lo stesso». Parole che rivelano l’affetto profondo che lega ancora oggi i protagonisti di quella storica impresa, definita da molti “lo scudetto della gente”.

Il ricordo delle partite leggendarie

Di partite memorabili ce ne sono tante, ma Fontolan ha un debole per quella di Bergamo: «Fu lì che capimmo che ce l’avevamo fatta. Contro la Juve invece Elkjær segnò a piedi scalzi. E a Udine vincemmo una battaglia con Zico in campo». Emozioni vivide che resistono al tempo.

Otto anni con il Como e due promozioni in Serie A

Con il Como ha vissuto otto stagioni in due fasi: 1974-1978 e 1979-1983. Due promozioni in Serie A (1975 e 1980), un’impresa per pochi. E ironia della sorte, proprio contro il Verona arrivò la promozione nel 1975. Ma Fontolan era squalificato.

In casa conserva due maglie simbolo: quella del Como 1974-75, e quella del Verona campione con le firme di tutti i compagni. “Tre partite di Coppa dei Campioni le ho giocate, mica poco”, ricorda. E si lascia andare a un aneddoto: «Dopo la partita con la Juve, un mio compagno tirò uno zoccolo e ruppe un vetro. I Carabinieri entrarono e Bagnoli disse: ‘Se cercate i ladri, avete sbagliato spogliatoio’”.

Il Verona dello scudetto, tra personalità forti e modulo moderno

«Giocavamo un 3-4-1-2, io, Tricella e Ferroni dietro. Marangon e Fanna larghi, Briegel e Sacchetti o Bruni in mezzo, Di Gennaro dietro Elkjær e Galderisi». Un’architettura tattica moderna, per un’epoca che cominciava a cambiare. E su Ferroni dice: “Era il più solitario, Marangon un pazzo scatenato, un vero tombeur de femmes”.

Vita semplice e senza Dazn

Oggi Fontolan è un uomo normale, più che mai radicato alla sua quotidianità. Ama il bricolage, fa tutto da solo in casa e non ha nemmeno Dazn: “Devo organizzarmi per vedere Verona-Como”. Allo stadio va raramente: “Mi scoccia chiedere i biglietti, mi sembra di disturbare”.

Conserva un affetto profondo per il Como: “Un po’ mi manca, ma è giusto che avanti vadano i giovani”. Alla guida della squadra lariana ha lavorato nel settore giovanile e, anche se per una sola volta, ha allenato la prima squadra a Grosseto.

Sogni moderni per Como e Verona

Sul futuro delle due squadre del cuore, Fontolan è fiducioso: “Il Como ha potenziale, faranno lo stadio e chissà. Anche noi, l’anno prima dello scudetto, eravamo in alto ma nessuno immaginava cosa sarebbe successo”. Una frase che sa di deja vu, tra memoria e speranza.

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